mercoledì 25 ottobre 2017

Si parla di "paesaggi artificiali" sulla rivista d'architettura "ABITARE"




 Articolo di Mario Piazza
"Qualche anno fa è uscito un breve film animato. Si intitolava Logorama. Era una pulp-story ambientata in una città. Una Los Angeles fatta solo di edifici a forma di famosi marchi o logotipi. I nomi di prodotti famosi o di aziende multinazionali erano essi stessi case, parcheggi, luoghi di ritrovo e commercio. Diventavano la città. Un territorio totalmente brandizzato che solo qualche disastro naturale poteva distruggere e mettere in ginocchio. Ma anche molta dell’architettura che oggi viene realizzata ha una finalità (celata e non dichiarata) preminentemente persuasiva. Vuole manifestare una sorta di stereotipo artificiale che, nel momento in cui viene concretizzato e costruito, sancisce l’immagine del luogo, definisce il paesaggio. È una architettura ostentativa, che finge di occuparsi degli spazi dove essa agirà, consapevole del suo essere icona globalizzata. Funzionerà ovunque, ai confini del deserto o in mezzo a una favela. La sua non è una necessità operativa o di relazione, bensì è pura comunicazione. È quello che ci sembra proporre l’Ordos Art Museum, cava reliquia di una città da costruire nei lontani distretti cinesi del deserto mongolo. O quello che è accaduto con la Burj Tower a Dubai, che si è animata solo all’inaugurazione per poi trasformarsi in oleografica cartolina. Con un esercizio paradossale potremmo allora immaginarci (e forse spaventarci) una città alla Logorama, di puri oggetti architettonici iconici, un parco dei divertimenti dello stereotipo artificiale dove sono scomparse la sequoia, l’ansa del fiume, la cima innevata o il cupo vulcano. A Icon-City gli stereotipi naturali sono stati definitivamente cancellati e sostituiti da conturbanti architetture. Hanno occupato per sempre il posto delle nostre cartoline e dei ricordi fotografici. Ma quando andiamo in un ospedale ci manca molto il calore di una architettura inclusiva, che ci accolga e ci conforti."

Brainstorming e cloud di parole di paesaggio artificiale



martedì 24 ottobre 2017

IL TERMINE IN DIVERSE LINGUE

 
Italiano: Paesaggio artificiale
Inglese: Artificial landscape
Francese: Paysage artificiel
Spagnolo: Paisaje artificial
Portoghese: Paisagem artificial
Tedesco: Künstliche landschaft
Cinese: 人造景觀

A) PAESAGGIO ARTIFICIALE: cos'è



Una definizione di senso comune al termine naturale di paesaggio possiamo definirlo come:

“parte di territorio che si abbraccia con lo sguardo da un punto determinato.... panorami caratteristici per le loro bellezze naturali, o località di interesse storico e artistico, ma anche, più in generale, tutto il complesso dei beni naturali che sono parte fondamentale dell’ambiente ecologico da difendere e conservare”
[Enciclopedia Treccani on-line, 2015]



Mentre un paesaggio artificiale è definibile come:

“designazione di una determinata parte di territorio, così 
come è percepita dalle popolazioni, il cui carattere deriva dall’azione di fattori naturali e/o umani e dalle loro interrelazioni”
 
[convenzione europea del paesaggio, 2000, Capitolo 1, art.1 lettera a]

Perciò il concetto di paesaggio non è definito solo dall’ambente ma anche e soprattutto dalle trasformazioni che le popolazioni riversano sui loro territori, dal visibile rapporto dell’uomo con la terra, determinando un connubio che ci permette di osservare un certo paesaggio e riconoscerlo come tale.
Il paesaggio artificiale è definibile come un prodotto culturale attraverso la città che si identifica come “luogo di scambio”, in cui dalla loro nascita (circa 7.000/8.000 anni fa, con le prime città, probabilmente Uruk e Eridu in Mesopotamia 5.000- 4.000 A.C) ad oggi si sono urbanizzate creando veri e propri spazi interamente artificiali.